Valdai Club, Putin senza peli sulla lingua

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Valdai Club, Putin senza peli sulla lingua

Si è conclusa a Sochi la XIII edizione del Valdai Club, vera piattaforma di dialogo e dibattito internazionale. In chiusura del Forum, il presidente Putin ha toccato i temi più caldi del momento come al suo solito, in modo diretto e senza peli sulla lingua.
Vladimir Putin al Valdai Club si è soffermato nel suo discorso sulla questione siriana, sul problema del terrorismo e della mancanza di un unico fronte in Siria per combattere Daesh, minaccia numero uno per tutti. A proposito di minacce, il presidente Putin ha ribadito che è stupido ed impensabile supporre che la Russia voglia attaccare qualcuno.

Quella in atto nei confronti della Russia negli USA, come ha sottolineato al Forum Putin, è una vera isteria, riesplosa nel contesto delle presidenziali americane, che Mosca non può influenzare, perché “gli Stati Uniti sono una grande potenza, non una repubblica delle banane”, parola di Putin.

Putin ha lanciato all’Occidente messaggi importanti dal Valdai Club, una piattaforma utile quanto non mai per il dibattito internazionale. Sputnik Italia ha raggiunto Orietta Moscatelli, caporedattore esteri di Askanews, che direttamente da Sochi ha tirato le somme del Forum.

— Orietta, com’è stata quest’edizione, in quale atmosfera si è svolto il tutto?

— Il Valdai è sempre molto interessante, questa edizione lo riconferma, è stato anche sorprendente questa volta. C’erano temi che hanno elettrizzato il dibattito nei primi giorni, anche ieri la plenaria con Putin, il rapporto con gli USA nel contesto delle presidenziali americane, che vedono la Russia al centro di critiche e polemiche.

Non c’era, rispetto agli anni passati, quel senso di contrapposizione, di muro contro muro, che poi si riflette nei dibattiti off the record. Da parte degli esperti russi e quelli americani c’era una forte preoccupazione condivisa su due piani principalmente. Da una parte preoccupa che cosa accadrà dopo queste elezioni, d’altra parte preoccupano i rapporti fra USA e Russia, scesi a livelli di gelo come non si vedeva da decenni, è chiaro che non può continuare così. Gli stessi americani stanno vivendo forti turbolenze, questa campagna elettorale ci ha fatto vedere il peggio che si possa attendere da una campagna per la Casa Bianca.

Putin è andato certamente all’attacco, un bersaglio praticamente unico erano gli Stati Uniti, che lui indicava all’origine dell’incapacità di dialogo e di tutti i conseguenti scontri.

— Fra le frasi più ad effetto senz’altro possiamo citare quando Putin ha definito “gli Stati Uniti una grande potenza e non una repubblica delle banane”, spiegando che è stupido pensare la Russia capace di influenzare le elezioni americane. Il presidente ha anche parlato di un’isteria negli USA nei confronti della Russia. Effettivamente una certa isteria si vede anche nei media occidentali quando si parla di Putin e della Russia, no?

— Stupisce che una Russia del 2016, tornata ovviamente sulla scena internazionale, una ex super potenza e oggi potenza regionale di grosso peso, sia posta sullo stesso piano degli Stati Uniti in questo momento. È sopra le righe che la Russia debba essere al centro di una campagna elettorale e considerata il nemico numero uno in una fase in cui il mondo è preoccupato in primis dalla minaccia del terrorismo. Questo è quello che Putin traduce in isteria. Quando gioca sull’espressione, e questo lui lo sa fare, “repubblica delle banane” sta dicendo in realtà: voi siete una grande potenza, non comportatevi come una repubblica delle banane. Scendendo nel lato tecnico, gli esperti dicono che c’è un problema globale di hackeraggio che si inserisce sempre più nel contesto politico.

La Russia, che da un anno abbondante è l’attore principale della crisi siriana, non intende vedersi imporre soluzioni che non prendano in considerazione i suoi interessi. La Russia è una potenza, Putin ne è espressione, che dice: noi siamo pronti a collaborare, ma non cederemo terreno nel rivendicare le nostre posizioni. L’ha detto in una frase, a mio avviso molto significativa: “tutti i Paesi vogliono minori tensioni geopolitiche, ma non lo vogliono al costo dei propri funerali”.

— Si è parlato molto di terrorismo. Putin ha affermato con rammarico che un unico fronte in Siria contro Daesh non c’è e che Washington ha cercato in tutti i modi di non cooperare, anche con la tregua fallita a settembre. Putin ribadisce che la Russia è aperta alla collaborazione, non si può dire lo stesso dell’Occidente. Il dialogo c’è?

— Il dialogo è molto lontano, certamente da parte occidentale ti direbbero che non c’è tutta questa disponibilità al dialogo, perché ci sono delle richieste e dei paletti molto precisi. Il problema alla base della contrapposizione fra Russia e Stati Uniti in Siria, dove il sedicente Stato Islamico è sempre meno Stato, sono le alleanze regionali. Lo stesso Putin in Plenaria ha raccontato i retroscena della tregua concordata con gli USA a settembre. Secondo il presidente russo la tregua è fallita per un errore grosso degli Stati Uniti, quando hanno bombardato le posizioni siriane con 62 morti.

Ancor prima di questo, se vogliamo essere pragmatici fino ai limiti del cinismo, dobbiamo dire che gli Stati Uniti probabilmente vorrebbero isolare e portare fuori dalla battaglia Al-nusra, che è ribattezzata, ma sappiamo che è emanazione di Al-Qaida in Siria. Il problema è che Al-nusra viene appoggiata da potenze regionali, non è un segreto, come la Turchia, l’Arabia Saudita.

Gli Stati Uniti ci provano, ma non riescono a forzare la mano a questi Paesi sponsor e non hanno intenzione di rompere le loro alleanze strategiche nella regione per mettersi d’accordo con la Russia. Questo crea però un corto circuito. Tutto ciò ha portato la Siria ad una situazione insostenibile in termini umanitari.

— Putin parlando al Valdai club non ha usato mezzi termini né sugli Stati Uniti, né sul tema del terrorismo. Il modo di parlare così diretto contraddistingue Putin dagli altri leader, non è vero?

— Assolutamente vero. Esiste un modo di parlare putiniano che negli anni si è confermato e affinato. Putin usa sempre delle espressioni molto dirette, spesso molto efficaci, ricorrendo a delle immagini che dicono molto di più di una spiegazione vera e propria. Per quanto riguarda la “repubblica delle banane” di ieri, con i colleghi ci siamo detti che Putin ci ha passato il titolo. È un linguaggio colorito e molto efficace, che secondo me viene dal passato personale del presidente Putin e dalla sua volontà di avere un dialogo diretto con la gente.

— Il Valdai Club è una vera occasione di dialogo internazionale da dove arrivano importanti segnali. Sarebbe interessante se seguisse il Forum anche in Italia, che ne pensi?

— È una piattaforma molto interessante effettivamente, che negli anni è cambiata. Per noi, cioè chi viene al Forum soprattutto per aggiornarsi sulla Russia, il nuovo formato all’inizio è stato un pochino sorprendente: fino a qualche anno fa il Valdai proponeva dibattiti attraverso la lente russa, il centro era la Russia. Oggi il Valdai è diventato un vero think tank che elabora con i suoi esperti dei rapporti per la presidenza russa come prima, ma è sempre più rivolto all’esterno, propone ai colleghi di altri Paesi la propria visione e delle proposte.

Quest’anno ho trovato interessante la sottolineatura da parte di Putin della necessità di una centralità dell’ONU. L’ONU andrebbe riformata, ha tanti limiti, ma deve tornare ad essere, perché oggi lo è poco, un concerto di nazioni in un momento di crisi. L’ONU va rilanciata e non affossata. Per rilanciare la centralità dell’ONU è stato proposto di spostare la sede da New York. È una provocazione, ma alla Putin, una provocazione che dentro contiene un messaggio.

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