La traduttrice Claudia Scandura, vincitrice del concorso “Read Russia”, svela i segreti di questo delicato e affascinante mestiere
Claudia Scandura, vincitrice del concorso “Read Russia” nella categoria “Poesia”, curatrice di una nuova collana di libri dedicata ai poeti contemporanei russi, racconta l’arte di tradurre e il fascino di questo delicato mestiere.
“La traduzione è una dichiarazione d’amore all’autore e al testo”. Seduta davanti alla statua del poeta Aleksandr Pushkin a Mosca, la traduttrice Claudia Scandura, vincitrice del concorso “Read Russia”, nella categoria “Poesia”, racconta il suo rapporto con i poeti russi e con le ultime tendenze letterarie. “Noi non ci limitiamo a tradurre parole – racconta -, traduciamo da una cultura a un’altra… altrimenti un testo non potrà mai essere compreso in tutto il suo significato”.
Come è nata la sua passione verso la letteratura russa?
Ho studiato all’Università La Sapienza di Roma. Sono allieva di Angelo Maria Ripellino, poeta, traduttore e slavista: ricordo ancora adesso i suoi corsi di letteratura dedicati a Blok, Mayakovskij e Pushkin, di cui traduceva i versi a lezione. Ora insegno anche io, lingua e letteratura russa e ho iniziato a occuparmi di traduzioni poetiche nel 2000 (prima avevo tradotto solo prosa), grazie anche all’incontro con la Fondazione Josif Brodskij (JBMFF).
Di cosa si occupa questa fondazione?
Brodskij era convinto che un viaggio in Italia fosse un momento importante per la formazione di artisti e letterati. E aveva il progetto di istituire un’accademia russa a Roma che invitasse scrittori e artisti russi a soggiornare nel Belpaese. Purtroppo Brodskij è morto nel 1996 e non è riuscito a portare a termine il suo progetto. Ma sua moglie, Maria Sozzani Brodskij, e i suoi amici hanno continuato a inseguire questo sogno e lo hanno in parte realizzato, consentendo dal 2000 (il primo premiato è stato il poeta Timur Kibirov), a poeti e artisti russi di soggiornare a Roma per alcuni mesi.
Claudia Scandura durante la cerimonia di premiazione del concorso “Read Russia” a Mosca. Fonte: archivio personale
Come è nata l’idea di lanciare una collana di libri dedicata ai poeti contemporanei russi, che lei stessa cura?
Incontrando i poeti premiati, ho scoperto che la poesia russa contemporanea è molto interessante, che affonda le proprie radici nella poesia dell’Ottocento e nel Secolo d’Argento e che si sta sviluppando in maniera molto originale. Evgenij Mikhakjlovich Solonovich, traduttore che ha fatto tanto per far conoscere la poesia italiana in Russia, mi ha messo in contatto con Piera Mattei, direttrice editoriale della casa editrice di Roma “Gattomerlino“. Le ho quindi proposto di realizzare una piccola collana che si chiamasse “Poeti della Fondazione Brodskij”. Poi ho contattato Maria Sozzani Brodskij ed è stata lei che ci ha dato quel logo con un gatto che legge, disegnato da Brodskij stesso, e che è diventato il logo della collana. Brodskij quando regalava i suoi libri ad amici spesso amava mettere dei disegnini di gatti come dedica.
A quali poeti sono dedicati i libri della collana?
Il primo libro della collana è dedicato a Sergej Gandlevskij: le sue opere non erano ancora state tradotte in italiano, si poteva trovare qualcosa solo all’interno di qualche antologia. Il secondo libro è dedicato a Elena Fanajlova. Il terzo volume, che uscirà entro la fine dell’anno, è dedicato a Maria Stepanova.
La poesia non viene letta tanto quanto la prosa. Il pubblico non è vastissimo, ma c’è. Si nota un certo interesse, soprattutto tra i giovani. All’Università La Sapienza, per esempio, al primo anno si contano oltre duecento ragazzi che hanno scelto di studiare la lingua russa.
In Italia si traduce soprattutto molta prosa: Prilepin, Vodolazkin, Shishkin, Ulitskaya.
Che difficoltà si incontrano nel tradurre dei testi dal russo all’italiano? Ad esempio è risaputo che nella poesia russa esiste una forte tradizione di rime rigide. In Italia, invece, no…
La poesia russa contemporanea, secondo me, va tradotta nel linguaggio della poesia italiana contemporanea, perché traduciamo da un linguaggio poetico a un altro linguaggio poetico. Personalmente ritengo che volersi ostinare a ricostruire una metrica che in italiano non va bene per un discorso contemporaneo, è sbagliato. Poi, come ha detto Mandelshtam, in italiano “tutto rima con tutto”. Allora io traduco in verso libero, cercando sempre di riprodurre il disegno fonetico dei versi russi attraverso la scelta delle parole, le rime interne, le assonanze, il procedimento di enjambement. Cerco di utilizzare altri mezzi per riprodurre il tessuto fonico dei versi russi.
Come si può descrivere la poesia contemporanea russa?
Quello che mi piace molto nella poesia russa contemporanea è la riflessione su sé stessa, sul suo passato, in modo molto sincero e critico. Il passato non va cancellato. Non si deve far finta che non sia mai esistito. Questo è un tema che ricorre spesso nella poesia di Gandlevskij e anche nella prosa di Vodolazkin, per esempio.
È interessante che per i russi l’autore principale sia un poeta: Pushkin. Invece nella percezione europea o italiana quando si parla della letteratura russa il primo nome che viene in mente è Dostoevskij. Secondo gli italiani incarna una certa sofferenza interna dell’anima russa, un bisogno di soffrire. Pushkin invece era un ottimista, era più solare. Pushkin è come un campo aperto in cui si vede lontano, invece con Dostoevskij non si vede lontano, si vede solo un angolo buio, dove non c’è mai luce, ma regna sempre e solo la sera.