XVIII edizione del Forum Economico Eurasiatico di Verona
Sintesi del discorso di apertura di Antonio Fallico, Presidente dell’Associazione Conoscere Eurasia
Istanbul (Turchia), 30 ottobre 2025
Il Forum Economico Eurasiatico di Verona è nato nel 2007 per avviare un dialogo permanente sul ruolo dell’Eurasia in un contesto storico di grandi cambiamenti geopolitici. Questo dialogo è sempre stato aperto a tutti, indipendentemente dalla collocazione geografica dall’appartenenza geopolitica e dall’adesione a schieramenti anche militari.
Dai lavori svolti in questi anni nell’ambito del Forum è emersa l’esigenza di dare maggiore voce ai Paesi BRICS e a quelli dell’Unione Economica Eurasiatica, riconoscendone il ruolo demografico ed economico, sempre più importante. Allo stesso tempo, abbiamo sempre sostenuto un’economia orientata al benessere dell’uomo e agli interessi di tutti gli stakeholder, non solo al profitto degli shareholder, per evitare di accentuare le disuguaglianze che colpiscono il nostro pianeta.
Dopo 14 edizioni a Verona, dal 2022 abbiamo scelto di organizzare il Forum al di fuori dell’Italia — a Baku (Azerbaijan), Samarcanda (Uzbekistan) e Ras al-Khaimah (Emirati Arabi Uniti) — per garantire a tutti la possibilità di partecipare, senza alcuna discriminazione. Oggi ci troviamo ad Istanbul, crocevia di storia e culture.
Non deve sorprendere che sia stata proprio la Turchia a spalancare le sue porte per ospitarci. Il Paese è diventato uno dei fari del sistema internazionale, con un grande potenziale politico ed economico. Questa evoluzione è stata possibile grazie alla lungimiranza di Ankara, che ha saputo trovare un equilibrio tra interessi e pressioni, traendo vantaggio dalla sua posizione geografica e da un’azione diplomatica mirata a ottenere un ruolo rilevante nel contesto globale. La Turchia esercita una notevole influenza nel mondo turcofono, ma anche in Medio Oriente e persino nel Corno d’Africa, dove agisce come garante della sicurezza.
I cambiamenti geopolitici degli ultimi tre anni hanno giocato a favore della Turchia. Invece di allinearsi a una linea dettata da lontano, ha agito in modo indipendente, sfruttando la nuova configurazione internazionale, traendone vantaggio anche economico. Grazie alla sua posizione, Ankara è diventata indispensabile per l’Occidente, la Russia e la Cina. La sua sagacia politica la sottrae a pressioni esterne e, come ha detto il Presidente Erdoğan, il suo modello consiste nel “mantenere buoni rapporti con le varie parti”. Per questo non sorprende che la Turchia presenzi ai vertici della NATO, ma anche a quelli dei BRICS e della Shangai Cooperation Organization.
L’economia turca riflette questa dinamicità. La Turchia produce l’1,1% del PIL mondiale e, secondo i dati del Fondo Monetario Internazionale, il suo tasso di crescita reale medio dal 2011 al 2024 è stato del 5,5%. Questo significa che il PIL reale è aumentato del 110% nel periodo, più che raddoppiando la sua dimensione. I fondamentali economici, al netto di un’inflazione stimata in calo, sono solidi: il rapporto tra debito e PIL è al 26% e il disavanzo delle partite correnti è solo dell’1,2%. È un Paese con grandi possibilità di espansione, libero dal fardello del debito pubblico che pesa sulle economie europee.
Questa situazione ha favorito un notevole incremento del commercio estero. Le importazioni sono cresciute da 271 miliardi di dollari nel 2021 a 360 miliardi nel 2023. Nei primi sette mesi del 2025, gli scambi commerciali hanno raggiunto i 368,6 miliardi di dollari, con importazioni per 212,2 miliardi ed esportazioni per 156,4 miliardi.
Le relazioni bilaterali tra l’Italia e la Turchia si fondano su una solida base economica. Nel 2024, l’interscambio ha raggiunto i 25,3 miliardi di euro, con un incremento del 3,4% rispetto all’anno precedente. L’Italia è il quinto partner commerciale della Turchia per importazioni e il quarto per esportazioni, con una forte complementarità in settori ad alta tecnologia come l’automotive, la meccanica strumentale e la difesa. Nel 2024, le esportazioni italiane sono cresciute del 23,9%, raggiungendo i 17,6 miliardi di euro, mentre l’import turco in Italia ha superato per la prima volta i 12 miliardi. Nel primo semestre del 2025, l’interscambio ha già raggiunto i 13,9 miliardi di euro.
Circa un quarto delle forniture italiane al mercato turco è costituito da meccanica e beni strumentali. Il 10% riguarda gli autoveicoli. Le imprese turche, a loro volta, forniscono all’Italia principalmente merci della categoria automotive (circa un quarto delle vendite totali) e prodotti metallurgici (10%). Purtroppo, negli investimenti diretti esteri l’Italia è molto indietro rispetto a partner europei come Germania e Gran Bretagna, con una quota del 3-4% circa. Ciononostante, la presenza di imprese italiane in Turchia è significativa, con oltre 430 aziende e un fatturato complessivo di 18,5 miliardi di euro.
Tuttavia, il contesto economico globale rimane incerto. Il mercato globale tende a frammentarsi in aree regionali, le catene di approvvigionamento vengono interrotte, i costi salgono e si formano nuove zone preferenziali. In questo scenario, stiamo assistendo all’ascesa del Sud Globale, che inizia ad avere un peso notevole e a fare scelte indipendenti. Spesso si è tentato di semplificare questa nuova realtà come “antioccidentale”. È un grave errore. Non è contro l’Occidente, ma senza l’Occidente. Non per antagonismo, ma perché l’Occidente ha voluto continuare a imporre le proprie scelte senza tener conto delle evoluzioni in corso.
Il Sud Globale sta cercando nuovi meccanismi di interazione basati sul dialogo a 360 gradi e sulla ricerca di soluzioni condivise. Il più forte non impone la sua volontà agli altri; si crea un consenso. Questo principio fa la forza dei Paesi BRICS, che attraggono decine di nazioni. È un processo che aiuta anche nazioni concorrenti, sotto la pressione esterna, a incontrarsi e organizzarsi.
Insomma, è il momento per il dialogo e la condivisione. L’Occidente dovrebbe aderirvi, non opporsi. Il Sud Globale non è antioccidentale, ma “pro Sud Globale”, e ormai ha i mezzi per promuovere le sue aspirazioni. La Turchia che ci ospita è, in questa prospettiva, un Paese particolarmente importante. Fa parte della NATO, ma presenzia ai vertici di BRICS e SCO, dialoga con molti e fa da mediatore. È un esempio di come bisognerebbe procedere per cercare soluzioni e intese. Anche se non sempre si riesce a trovarle, questa ricerca, in sè, aiuta a capire e a rispettare, a forgiare il nuovo mondo in gestazione.
Il tempo è ormai maturo per il dialogo. È la necessità assoluta dei nostri giorni. Il luogo è ideale: Istanbul, unica città al mondo su due continenti. L’azione, ora, spetta a noi. Senza pretendere di smuovere le placche tettoniche della geopolitica, cominciamo a scambiarci idee e visioni per promuovere la diplomazia del progresso economico e sociale e per costruire un futuro di prosperità e di pace.
G.C.

